De Nuccio: “Il testo del Regolamento sembra non tener contro delle modifiche apportate dallo schema di decreto legislativo con le modifiche al Codice della crisi in attuazione della direttiva Insolvency”. Perplessità anche sui criteri di iscrizione all’Albo e sui costi che dovranno sostenere i professionisti.


“L’istituzione del nuovo albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e controllo suscita alcune perplessità”
. È questo il commento del presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio, alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto adottato dal Ministero della Giustizia, per dare attuazione alle previsioni contenute nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII)”.


“Il testo del Regolamento – spiega de Nuccio – sembra non tener contro delle significative modifiche apportate dallo schema di decreto legislativo con le modifiche al Codice della crisi in attuazione della Direttiva Insolvency, recentemente approvato in via definitiva, che ha significativamente rivisto l’intero assetto delle procedure di allerta disciplinate nella versione originaria del Codice. È oramai noto che le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi gestite dall’Organismo di gestione delle crisi di impresa (OCRI) sono state integralmente sostituite con la composizione negoziata della crisi, in cui l’OCRI scompare ed emerge l’importante ruolo dell’esperto terzo e indipendente nominato dalla Camera di commercio”.

Per questo de Nuccio sostiene che “genera qualche dubbio il fatto che il nuovo Albo sia suddiviso in due sezioni, di cui una è dedicata ai componenti degli OCRI. Nella stessa direzione si pone la previsione del Regolamento che consente ai referenti dell’OCRI di accedere alla parte riservata dell’albo: sempre che non si intenda modificare ulteriormente il Codice dalla crisi e ritornare al passato con l’allerta gestita dagli esperti dell’OCRI, le menzionate disposizioni del Regolamento sono inapplicabili”
.

Secondo il presidente della categoria “non è poi condivisibile in generale l’idea sottesa alla creazione di un Albo e non di un elenco, come invece sarebbe stato lecito attendersi considerate le previsioni della Direttiva (UE) 2019/1023. Con l’attuazione a livello regolamentare delle previsioni contenute negli artt. 356 e ss. CCII, si crea un ulteriore Albo che si sovrappone agli Albi professionali, istituiti ex lege, tenuti dagli Ordini professionali e sottoposti alle regole prefissate per il funzionamento degli enti pubblici, in cui risultano iscritti unicamente i professionisti regolamentati già vigilati dal Ministero della Giustizia e tenuti al rispetto della legge professionale e di precipui obblighi deontologici e di formazione continua specialistica”.

Perplessità anche “sui costi sopportati dai professionisti”. “Non può sottacersi – afferma de Nuccio – che il Regolamento subordina l’iscrizione al versamento di 150 euro e condiziona il mantenimento dell’albo al versamento di un contributo annuale pari a 50 euro. Il che, nelle attuali condizioni sociali ed economiche del Paese e considerate le difficoltà che vivono attualmente i professionisti, desta non poche perplessità: i professionisti, attratti dalla possibilità di poter accedere agli incarichi, dovrebbero versare, oltre a quella iniziale, una quota pari a 50 euro annuali per il mantenimento dell’albo e per coltivare la speranza di un futuro lavoro che, negli anni precedenti, peraltro non segnati dalla pandemia da Covid-19 e dalla crisi economica in atto, potevano esercitare senza versare alcun contributo alla giustizia”.

L’auspicio del Consiglio nazionale è dunque che “per adeguare le disposizioni del CCII e dei suoi regolamenti attuativi al mutato contesto economico e sociale generato dalla crisi provocata dalla pandemia e dal conflitto in Ucraina, il Governo avvii tavoli di collaborazione e costruttivo confronto con gli Ordini professionali, per rivedere le previsioni che istituiscono l’albo unico e i criteri per accedervi. Sotto questo angolo prospettico, come già sostenuto recentemente in una nota inviata al Ministero della Giustizia, ulteriori dubbi si esprimono con riferimento ai criteri individuati per ottenere l’iscrizione a tale albo unico e per consentirne il primo popolamento. E’ auspicabile uno snellimento degli obblighi di prima formazione, del tirocinio e dell’obbligo di specifico aggiornamento biennale: per i nostri iscritti, che vantano, per legge dello Stato, competenza tecnica specifica per l’espletamento di questi incarichi, occorrerebbe semplificare il sistema formativo riconoscendo quantomeno l’equipollenza con i corsi organizzati dagli Ordini ai fini della formazione professionale continua, ovvero con quelli diversamente espletati per accedere ad altre funzioni tipiche del settore della crisi di impresa”.

Sempre sul primo popolamento dell’albo, de Nuccio conclude affermando che “le previsioni dell’art. 356 CCII, in forza delle quali il professionista debba essere stato nominato in almeno due procedure negli ultimi 4 anni dall’entrata in vigore della disposizione (disposizione entrata in vigore nel 2019, ma ancora inapplicabile), nella veste di curatore, commissario o liquidatore giudiziale, penalizzano chi non può ancora vantare le due nomine nei quattro anni presi a riferimento, ma che, nonostante ciò, è in possesso di comprovata esperienza nel campo della crisi o di specifica competenza risultante da evidenze oggettive, quali pubblicazioni su riviste scientifiche, relazioni a convegni di riconosciuto livello, docenza a corsi di formazione sul Codice della Crisi di Impresa e della Insolvenza tenuti dagli Ordini o dalle Università, oppure colui che ha intrapreso specifici corsi di formazione su tali tematiche”.