L’ordinanza n. 28401 del 14.12.2020 della Corte di Cassazione precisa quale atto deve essere notificato per il recupero di imposte nel caso di cessazione della società.
Con riguardo alle società di capitali, considerato che il presupposto (ed il limite) sulla base del quale i creditori possono riscuotere dai soci e dai liquidatori i crediti vantati nei confronti della società si rinviene nell'aver i soci medesimi riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione o nell'essere stato determinato il mancato pagamento da colpa dei liquidatori, la Corte di legittimità ha affermato il principio secondo cui l'accertamento giudiziale del credito verso la società, anche con forza di giudicato, pur opponibile ai soci ed ai liquidatori, non consente al creditore di far valere il titolo esecutivo ottenuto direttamente nei loro confronti, attesa la necessità di agire in giudizio contro gli uni e, gradatamente, contro gli altri per l'accertamento dei rispettivi presupposti (Cass. n. 4699 del 27/02/2014).

L'Agenzia delle entrate che, nell'esercizio del potere impositivo, esige dal liquidatore e socio di società di capitali il pagamento del credito vantato nei confronti della società, seppure accertato con sentenza passata in giudicato, deve quindi portare a conoscenza del contribuente, con apposito avviso di liquidazione, le ragioni per le quali egli è tenuto a versare l'imposta accertata in capo alla società, ed in particolare, al fine di porre il contribuente in condizione di contestare la fondatezza della pretesa impositiva, deve indicare gli elementi da cui si evinca che il socio, in sede di liquidazione, ha incassato somme od ha ricevuto l'attribuzione di beni della società ed il valore di questi poiché entro tale limite si apprezza la legittimità della pretesa impositiva, o che il mancato pagamento è dipeso da una colpa dei liquidatori.
Nel caso in esame l'Agenzia delle Entrate non ha fatto valere la responsabilità del liquidatore o del socio né ex art. 2495 c.c., né ex art. 36, d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo vigente ratione temporis (per le imposte sui redditi), ma, invece, ha direttamente dedotto l'obbligazione tributaria accertata nei confronti della società, notificando, tuttavia, la cartella al ricorrente in proprio (facendo riferimento ad un atto impositivo emesso nei confronti della società).
Tale modus operanti è stato dichiarato non conforme al dettato legislativo dalla Corte di Cassazione.

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