L’onere di dimostrare la consapevolezza del destinatario sulle operazioni inesistenti spetta all’Amministrazione finanziaria, mentre al contribuente resta la possibilità di provare di aver agito con massima diligenza.

Con Ordinanza n. 24735 dell’8 settembre 2025 la Corte di Cassazione, Sezione V Civile, ha ribadito un principio già affermato in precedenti pronunce, riguardante l’IVA e le operazioni soggettivamente inesistenti.
Secondo la Corte, “qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto”.