Esclusa l’applicazione del regime agevolato ai redditi derivanti da collaborazioni coordinate e continuative con datori di lavoro italiani già attivi prima del rientro.

Con Risposta n. 263 del 13 ottobre l’Agenzia delle Entrate ha esaminato il caso di un cittadino italiano che, dopo aver lavorato all’estero come dipendente di una società straniera e aver contemporaneamente svolto un’attività di collaborazione coordinata e continuativa con un’università italiana, intende trasferire la propria residenza fiscale in Italia nel 2026 per lavorare come dipendente presso una società non collegata a quella estera, continuando tuttavia la collaborazione con l’università.

Dopo aver ripercorso le disposizioni sul nuovo regime impatriati (art. 5 del Dlgs n. 209/2023), riconosciuto a chi trasferisce la residenza in Italia e si impegna a risiedervi per almeno quattro anni, l’Agenzia ha chiarito che il beneficio fiscale potrà essere applicato solo ai redditi derivanti dal nuovo rapporto di lavoro dipendente instaurato con la società italiana non collegata a quella estera.
Ai fini dell’agevolazione non rileva, spiegano le Entrate, la circostanza che il contribuente continui anche la collaborazione con l’università. Tuttavia, i redditi percepiti da quest’ultima attività non potranno beneficiare del regime impatriati, poiché si tratta dello stesso datore di lavoro per cui il contribuente aveva lavorato anche in Italia prima del trasferimento all’estero.